Da 20 anni i Gas comprano direttamente da agricoltori e allevatori biologici del territorio. Sono attenti al prezzo del cibo, ma anche alla sua qualità e a come è stato prodotto. Nati nel 1994 per iniziativa di un gruppo di idealisti, oggi i Gruppi d'acquisto solidale, con un giro d'affari da 90 milioni l'anno, coinvolgono circa mezzo milione di persone. Cifre che hanno costretto anche la grande distribuzione a fare i conti con i loro valori
Tutto è iniziato nel 1994, quando un gruppo di famiglie di Fidenza si è organizzato per acquistare insieme prodotti biologici direttamente dal produttore. Era il nucleo del primo Gas, Gruppo di acquisto solidale, ufficializzato poi due anni dopo, "con quella S finale che segna l'inizio di una nuova azione collettiva che con la spesa promuove un altro modello di sviluppo", come spiegano Michele Bernelli e Giancarlo Marini in L'altra spesa, il testo base d'obbligo per chi voglia capire l'essenza di questo mondo complesso e in continua evoluzione.
Da quel gruppo pioniere siamo arrivati oggi a milioni di persone coinvolte. Solo due anni fa un'analisi Coldiretti/Censis evidenziava come i Gruppi solidali di acquisto intesi nel senso più ampio "siano diventati un fenomeno di rilievo che ha contagiato il 18,6% degli italiani. Quasi 2,7 milioni di persone fanno la spesa con questo sistema in modo regolare". "In alcuni casi - sottolinea la Coldiretti - ci si limita solamente al cosiddetto 'carpooling della spesa' con i partecipanti che di fronte al caro benzina si mettono in auto insieme per dividere i costi e andare a fare la spesa nei punti più convenienti, dalle aziende agricole ai mercati degli agricoltori, dai mercati all'ingrosso agli ipermercati, fino ai discount".
Un altro censimento necessariamente approssimativo, probabilmente per difetto, stima che di Gas veri e propri nel Paese ne esistono almeno mille, per un totale di circa 50mila famiglie coinvolte. Una crescita che nell'ultimo decennio ha fatto registrare un robusto +40%). Rete Gas, il principale coordinamento dei gruppi esistenti, ne conta da sola 979 (circa 200.000 persone), ma ritiene che ce ne siano il doppio, non solo perché molti non si sono ancora presi la briga di segnalarsi, ma anche perché, a volte, il censimento registra solo la coordinazione locale di più gruppi contigui. Si concentrano ancora soprattutto al Centronord, anche se buoni esempi al Sud non mancano (in Sicilia si contano 15 gruppi, in Sardegna 8).
Successo numerico dunque, ma anche un crescente peso economico. Il sociologo Thomas Regazzola cita una ricerca universitaria pubblicata su Agriregionieuropa (anno 7 n°27, p. 80), dove si stima che ciascuno dei 90 Gas conosciuti di Roma avrebbe un fatturato annuo di 33.600 euro, cioè un flusso globale di 3 milioni all'anno. Un altro studio sulla provincia di Bergamo arriva alla conclusione che, rivolgendosi al sistema alternativo di "piccola distribuzione", i 60 Gas locali danno un contributo all'agricoltura contadina rispettosa dell'ambiente pari a 5 milioni di euro all'anno. Da parte sua, la struttura nazionale di coordinamento valuta la spesa familiare media, all'interno di un Gas, pari a 2mila euro ogni anno e stima che il fatturato dei gruppi locali superi, globalmente, i 90 milioni.
Ma più dei numeri imponenti e dell'impatto economico di tutto rispetto che il proliferare dei Gas è riuscito ad ottenere in questi primi 20 anni, il risultato forse più duraturo e sorprendente è stato quello di aver saputo trasformare una bella esperienza da idealisti in mainstream, di essere riuscito ad imporre il marchio del km zero, pur con tutte le sue ambiguità, come un valore aggiunto, costringendo la grande distribuzione, non da ultima la Coop, spinta anche dall'onda lunga dei Gas, a documentare online in maniera dettagliata la filiera dei prodotti presenti sui suoi scaffali. In breve ad adattarsi. Un vasto indotto, dai Farmers Market alle esperienze di "confine" come La Zolla di Roma, ha poi tratto beneficio dalla battaglia culturale iniziata 20 anni fa quando il primo gruppo di acquisto solidale creato da un pugno di famiglie di Fidenza di giorno va in giro a bussare alla porta dei piccoli produttori agricoli della zona e di sera, attorno a un tavolo, definisce i criteri su cui fondare la propria attività.
Il gruppo mette così su carta le prassi appena sperimentate, nascono i principi fondamentali che diventeranno comuni a ogni gruppo: la partecipazione attiva di tutti i soci, le filiere corte, l'incontro diretto tra produttore e consumatore. "Non ricordo come - racconta Mauro Serventi, uno dei protagonisti di quella esperienza - ma i tre aggettivi che orientano l'azione dei Gas, piccolo, locale e solidale, sono venuti a galla un po' così, ragionando sulle nostre pratiche spontanee".
Un importante salto di qualità si registra nel 1998, quando si svolge il primo incontro nazionale e si gettano le fondamenta per la carta costituzionale dei Gas, il "Documento base", approvato l'anno successivo e basato sui principi chiave elaborati dai "fondatori" di Fidenza. Intanto i Gas, dal congresso del 2005, cominciano a parlare di grandi numeri. Nello stesso anno si supera quota 200 gruppi. Lo Stato si accorge di loro e cerca di fissarne i contorni nella Finanziaria del 2008, definendoli "Soggetti associativi senza scopo di lucro costituiti al fine di svolgere attività di acquisto collettivo di beni e distribuzione dei medesimi, senza applicazione di alcun incarico, esclusivamente agli aderenti, con finalità etiche, di solidarietà e di sostenibilità ambientale, in diretta attuazione degli scopi istituzionali e con esclusione di attività di somministrazione e di vendita".
La marea montante del movimento, così spontanea e capillare, è in realtà difficile da imbrigliare in definizioni e regolamenti. La prima e più banale classificazione è quella in micro e macro, che riguarda l'ampiezza dei gruppi. "La tendenza prevalente è quella di chiudere il numero a 25-30 nuclei familiari", dice Paolo Menchini, del Gas Massa. Sono rarissimi i gruppi che superano i 100 nuclei aderenti. Ma in questa galassia c'è posto anche per l'ipertrofia che ha assunto il "Rigas" di Rimini: 100 famiglie nel 2005, 450 nel 2007, fino alle diverse migliaia di oggi. Man mano che il Gas cresce vengono attivati nuovi punti di ritiro dei prodotti, in pratica dei sotto-gas. I produttori hanno a che fare con oltre 40 referenti.
2000 circa | tanti sono i Gas in Italia |
400.000 circa | sono le persone coinvolte stabilmente |
+40% | la crescita di Gas nell'ultimo decennio |
90.000.000 €/anno | il fatturato complessivo dei gruppi italiani |
33.600 €/anno | è il fatturato annuo di ogni Gas romano |
2000 €/anno | la spesa familiare media in un Gas |
fonte: Rete Gas |
Il Rigas è certo un modello distante dal principio del "piccolo è bello". Ma l'unione fa la forza e nella sua carica di aggregazione può parlare da pari a pari con i poteri forti della politica locale e sviluppare progetti da grandi numeri che fuoriescono dal limitato ambito dell'agro-alimentare per sconfinare in altri settori decisamente più impegnativi: sono nate esperienze di coproduzione per proteggere la biodiversità, il paniere si è allargato ad abbigliamento e servizi come la telefonia e le energie alternative (grazie ai Gaf per l'acquisto di pannelli fotovoltaici), si progettano i Des, i Distretti di economia solidale, dove far confluire tutte le realtà di consumo critico sul territorio. E c'è anche chi ha messo in cantiere i Gat, con l'obiettivo ambizioso di comprare terreni su cui far crescere i prodotti del Gas.
Ogni volta che compri, voti. È questo il filo che lega insieme le diverse pratiche di consumo critico. Come già accennato, a rendere unica questa esperienza tutta italiana, che ha le sue radici nell'associazionismo, è quella S finale che mette la solidarietà prima di tutto, anche del risparmio. Solidarietà con i fornitori e con i piccoli produttori biologici strozzati dai grossisti, ma anche all'interno del gruppo, dove ci si dividono compiti e organizzazione. È un movimento cresciuto fuori dai modelli tradizionali, senza una struttura decisionale accentrata, ma che in rete si scambia idee e suggerimenti, lancia progetti e affronta le contraddizioni.
In questi primi venti anni di vita "l'altra spesa" dei Gas è cresciuta. Ma bisogna sfatare alcune false leggende. Le riunioni dei Gas possono trasformarsi a volte in sedute più tese e logoranti di quelle di un condominio. Inoltre i gruppi non sono cenacoli di gastronomi in cerca di prelibatezze, ma gruppi di persone normali che nella vita di ogni giorno vogliono mangiare, vestirsi, pulire la casa meglio e in modo più equo. Acquistano direttamente dal produttore, perlopiù a chilometri zero, e accorciano la filiera, riducendo all'osso gli intermediari. Non per questo sono pauperisti, ma vogliono promuovere la riconversione di un modello economico distorto, irrazionale e spesso sprecone.
Se la platea sempre più ampia ha in parte annacquato la purezza degli ideali, nella sua composizione più genuina i Gas non sono gruppi di risparmio a caccia di saldi e convenienze: si guarda al costo solo dopo aver guardato a tutto il resto. Il prezzo di un prodotto deve essere prima di tutto pulito, giusto, trasparente. Non vogliono far politica, dicono. Ma la fanno tutti i giorni usando il potere della spesa. Si definiscono "consum-attori", nel senso che non subiscono i consumi ma ne diventano i protagonisti grazie a scelte precise.
Orgogliosi della loro identità fluida, anche i Gas oggi si trovano a dover fronteggiare la crisi economica e cercano nuove forme di organizzazione. Se ne è parlato in un convegno che si è tenuto a giugno a Collecchio, organizzato proprio in occasione del loro ventennale. Il titolo scelto è emblematico: "Il colpo d'ali". Quali sono dunque le strade nuove da percorrere? "Il tema emerso - ci spiega ancora Serventi, storico 'gasista' di Fidenza - è la presa di coscienza che il nostro è sì un mondo dinamico, ma troppo frastagliato. Quello che manca è un soggetto di sintesi, che permetta all'economia solidale di integrarsi in maniera omogenea con il territorio. Ma una soluzione l'abbiamo trovata - continua Serventi - Il prossimo 18 ottobre a Parma apriremo il 'Tavolo della Rete di economia solidale', al quale parteciperanno tutti i soggetti attivi in questo tipo di economia alternativa. Sarà un organismo che avrà il compito di coordinare i singoli progetti e rappresentare l'economia sociale e solidale in maniera unitaria". E il 23 luglio scorso la Regione Emilia Romagna ha approvato una legge per tutelare lo sviluppo dell'economia solidale, la numero 19 del 2014. Al comma 4 dell'articolo 1 vengono indicati gli elementi su cui si sviluppa l'economia solidale, è il riconoscimento ufficiale dei principi che venti anni fa ispirarono la nascita dei Gas.
Fonte: republica.it