La partecipazione alla definizione di una agenda del cibo per la Città Metropolitana di Torino è un'occasione per ragionare sul contributo che possiamo portare come rete di economia solidale per promuovere il benvivere di tutti.
Nella situazione attuale in cui i conflitti lungo le filiere del cibo sono amplificati dalla asimmetria di potere tra soggetti forti e soggetti deboli nell'accesso all'informazione e nel controllo della distribuzione, i Gas portano soluzioni innovative nel riconoscere il fattore lavoro e nello stabilire rapporti paritari tra i diversi soggetti lungo la filiera alimentare.
Gli aspetti positivi delle soluzioni proposte dai Gas forniscono alle amministrazioni pubbliche un contributo per indirizzare le politiche alimentari al fine di garantire il diritto al cibo.
Recentemente la rete dei Gas torinesi è stata invitata al percorso “Nutrire Torino Metropolitana” che nutre l'ambizione di costruire in modo partecipato una agenda del cibo della Città Metropolitana. Al primo incontro del 6 marzo, abbiamo portato la nostra testimonianza, ed il nostro poster stava appeso insieme agli altri 70 di altrettante realtà attive sul territorio sul tema del cibo sostenibile.
- Figura tratta dall'articolo “Nutrire Torino metropolitana: verso una strategia alimentare urbana” su http://www.politichepiemonte.it -
Questo percorso, coordinato dalla Città Metropolitana (ex Provincia) di Torino insieme all'Università, intende ascoltare realtà anche molto diverse – dai Gas alla grande distribuzione - senza nascondere i conflitti annidati lungo le filiere del cibo. Nella discussione finale del primo incontro le differenze hanno già iniziato a manifestarsi, in seguito ad una questione che si ripresenta regolarmente come il convitato di pietra: quali sono i prezzi pagati ai produttori e quelli pagati dai consumatori.
In questo contesto ho sentito dire che non dobbiamo essere ideologici e che non possiamo immaginare che i due milioni di abitanti della Provincia di Torino, a cui dobbiamo consentire di nutrirsi in modo sano, si iscrivano ai Gas. La prima risposta che mi è venuta in mente è stata più o meno la seguente: “va bene, sono d'accordo, abbandoniamo le ideologie, non penso che i due milioni di abitanti del territorio si debbano iscrivere ai Gas, ma prendiamone gli aspetti positivi e chiediamoci come possiamo promuoverli”.
Facciamo l'esempio del prezzo: i Gas cercano il prezzo giusto, che consente a chi lavora una vita dignitosa. Alcuni progetti, come ad esempio “Apprezziamolo” del Gas BioRekk di Padova, hanno proprio lo scopo di capire qual è il prezzo giusto, costruendolo insieme tra produttori, cittadini e tecnici (vedi a questo link i prodotti “apprezzati” dal progetto). Iniziamo allora a chiederci - all'interno delle diverse filiere distributive - quanto del prezzo pagato dal consumatore serve a pagare il lavoro di chi ha coltivato, allevato, trasformato o spostato, e quanto invece serve a pagare altro, come ad esempio gli interessi sul capitale investito, l'energia per trasportare un prodotto che arriva da lontano o i super-bonus riconosciuti ai manager. Si tratta in fondo di capire quale importanza relativa hanno i diversi fattori della produzione: risorse naturali, lavoro, capitale, organizzazione, analizzando il percorso di un prodotto lungo tutta la filiera. Come esistono studi sul ciclo di vita di un prodotto che analizzano l'impatto ambientale “dalla culla alla tomba”, allo stesso modo abbiamo bisogno di indicatori che valutino l'impatto sociale, ovvero il benvivere delle persone e delle comunità coinvolte lungo la filiera.
Questo primo indicatore, che chiamerò “densità di lavoro”, potrebbe essere utilizzato come strumento nelle politiche pubbliche. Quale miglior modo può avere un'istituzione per aumentare l'occupazione se non quella di promuovere gli acquisti e le filiere di prodotti ad alta densità di lavoro? Quando i contadini abbandonano i campi perché ai loro prodotti non viene riconosciuto un prezzo sufficiente a pagare le spese, porsi queste domande è tanto ideologico quanto la nostra Costituzione quando afferma che "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa" (Articolo 36).
Alla densità di lavoro si potranno affiancare altri indicatori per valutare quanto le diverse forme economiche favoriscano la condivisione delle ricchezze per il benvivere di tutti o l'accumulazione nelle mani di pochi; potrebbe essere l'inizio di una nuova disciplina dell'econometria, che chiamerei condivisiometria. La questione non è accademica: in una situazione in cui tutti affermano di promuovere la condivisione per il benessere globale mentre le diseguaglianze continuano ad aumentare, è logico chiedersi quali processi siano più efficaci per il benvivere di tutti; penso che sia questa la grande sfida che ci troviamo ad affrontare.
Per quanto vedo, i conflitti lungo la filiera del cibo sono accentuati in primo luogo dalla enorme asimmetria tra i diversi soggetti, in particolare per quanto riguarda l'accesso all'informazione e il controllo della distribuzione, la questione del prezzo deriva da questa asimmetria. In questa situazione, i Gas hanno portato la loro rivoluzione silenziosa creando rapporti alla pari tra i soggetti della filiera: produttori, trasformatori, distributori e cittadini. Questo modo di operare consente di trovare delle soluzioni che tengono conto delle esigenze dei diversi attori, sottraendosi al mito della competizione in cui i più grandi dettano le loro condizioni schiacciando i piccoli. Anche in questo caso, senza pretendere che tutti i cittadini si riforniscano tramite i Gas, possiamo imparare come le azioni che cercano di riequilibrare le asimmetrie tra soggetti forti e soggetti deboli nel controllo dell'informazione e della distribuzione portino a proposte innovative maggiormente rispettose dei bisogni dei diversi attori.
Il punto è centrale perché il cibo – come i beni comuni – interseca questioni connesse in profondità alla vita degli uomini sulla Terra. Non per niente le nuove costituzioni di Bolivia ed Ecuador riconoscono il diritto al cibo tra i diritti del benvivere: "Le persone e le collettività hanno diritto all’accesso sicuro e permanente a alimenti sani, sufficienti e nutrienti; preferibilmente prodotti localmente e conformemente alle loro diverse identità e tradizioni culturali. Lo Stato Ecuadoriano promuoverà la sovranità alimentare" (Art. 13, Costituzione dell'Ecuador, 2008).
di Andrea Saroldi Fonte: volontariperlosviluppo.it