Gas GasIvrea

"Ecoredia" è il nome del Gruppo di Acquisto Solidale (GAS) attivo a Ivrea da alcuni anni. Nel novembre del 2003 il gruppo si presenta agli eporediesi con un'iniziativa dal titolo "Liberi da questo mercato" e nel corso del 2004 si costituisce in associazione. Attualmente vi aderiscono circa 85 nuclei familiari, che partecipano attivamente alla vita del gruppo.

Come funziona praticamente il nostro GAS?

Per ogni prodotto c'è un responsabile che si occupa dei contatti con il produttore, degli ordini e della consegna. Gli aderenti al GAS accedono al sito in un'area riservata dove possono consultare i listini e compilare i loro ordini. I prodotti vengono pagati al momento del ritiro senza alcun ricarico rispetto al prezzo fissato dal produttore, se non il costo netto del trasposto suddiviso tra tutti gli acquirenti.

Criteri solidali per la scelta dei prodotti

  • PRODOTTI LOCALI: riducono l'inquinamento e lo spreco energetico dovuti al trasporto della merce su e giù per il pianeta (e viaggiando di meno, arrivano più freschi e non richiedono conservanti!); si possono conoscere i produttori, verifìcare il loro comportamento, apprezzare la "storia" di ogni prodotto.
  • PICCOLI PRODUTTORI: e' più facile conoscerli e lavorano con più intensità di manodopera che non di capitale: così i soldi che si spendono servono a finanziare l'occupazione, e non gli azionisti.
  • PRODOTTI BIOLOGICI: non richiedono l'uso di pesticidi, diserbanti, concimi chimici, che inquinano e consumano energia, ma invece rispettano la terra (per inquinare ci vuole un attimo, per bonificare decenni). Così possiamo anche mangiare cose naturali, recuperandone i sapori.
  • ATTENZIONE ALLE CONDIZIONI DI LAVORO: nell'era della globalizzazione le multinazionali spostano la produzione dove i costi sono più bassi, la manodopera e' sottopagata e i lavoratori non hanno diritti: preferire i prodotti senza sfruttamento significa aiutare a regolare il mercato del lavoro.

Prezzi

Prezzi pazzi, prezzi alle stelle, consumatori spennati… Non c'è quotidiano nazionale che in questi giorni non proponga inchieste sulle cause dei rincari del mercato alimentare, che stanno mettendo alla prova la capacità d'acquisto delle fasce più deboli della popolazione. Aumentano pane e pasta, e si dà la colpa all'aumento del grano, ma aumentano anche verdura, frutta, latte, carne: di chi è la colpa? Come consumatrice che tende ad acquistare la maggior parte dei prodotti alimentari attraverso un Gruppo d'Acquisto Solidale, sono particolarmente interessata a questo problema, perché al contrario, i prezzi dei listini del nostro gruppo sono piuttosto stabili: il pane non aumenta da due anni, riso e cereali, come frutta e verdura, hanno all'incirca gli stessi prezzi dell'anno scorso.

Come si spiega la differenza? Come consumatori critici pensiamo di conoscere già la risposta, ma è interessante scoprire quale analisi se ne fa da una prospettiva non schierata sulle nostre posizioni. Leggo sulla "Stampa" del 9 febbraio: le mele si vendono all'ingrosso a 1,20 euro al kg, al mercato e nei supermercati arrivano a 2,5 euro al kg, ma il produttore ne riceve appena 0,50 al kg; lo stesso accade per le pere, da 0,45 euro al kg pagati al produttore a 2 euro al kg spesi dal consumatore, o per le patate, da 0,27 euro alla produzione a 1,10 euro al dettaglio. Se la filiera prevede una lavorazione intermedia, l'aumento del prezzo dalla produzione al consumo è, ovviamente, ancora più consistente: il grano è venduto a 50 centesimi al kg mentre il pane costa da 3 a 3,80 euro al kg.

A parte il grano però, che ha avuto un aumento reale del 12%, i produttori si lamentano che i loro prezzi sono fermi da anni e che , degli aumenti che colpiscono i consumatori, loro non vedono neppure le briciole. Si scopre allora, analizzando la filiera ortofrutticola, che al produttore va appena il 20% del prezzo finale, mentre alla grande e piccola distribuzione va il 40%. Nel mezzo, altri passaggi, ognuno dei quali aggiunge il suo ricarico, piccolo o grande, al prezzo finale. Che cosa succede invece, in un Gruppo d'Acquisto Solidale?

Qui i consumatori si rapportano direttamente con i produttori, possibilmente locali (perché, secondo un'analisi della Coldiretti, i prezzi dei prodotti che consumano petrolio per coprire lunghe distanze, sono anche 10 volte superiori a quelli locali). Questo ci permette di accedere a prodotti di altissima qualità, biologici, di varietà particolari o antiche, di lavorazione artigianale, pagando il lavoro dei produttori per il suo giusto valore, senza spendere più di un normale consumatore dei supermercati. Addirittura, in alcuni casi, spendendo di meno: le nostre mele sono in listino a 1,80 euro al kg contro i 2,5 euro del supermercato, i nostri kiwi a 1,50 euro al kg contro 2,20, con la differenza che tutto il guadagno va al produttore!

La pasta, che è l'unico prodotto dei nostri listini ad aver registrato un aumento significativo, ci viene a costare, compreso il trasporto dalla provincia di Cremona (più vicino non riusciamo a trovarla), 1,38 euro al kg contro 1,50 delle principali marche di pasta al supermercato! Una bella soddisfazione se consideriamo che il grano utilizzato per produrla, è stato coltivato biologicamente, con relativo beneficio per l'ambiente, da una cooperativa, la quale ha anche rilevato il pastificio, ristrutturandone la conduzione in vista di una maggior tutela dei diritti e del benessere dei lavoratori.

Il nostro pane è prodotto artigianalmente da un produttore che ne cura tutta la filiera: dalla coltivazione biologica del grano, in parte locale in parte proveniente da una cooperativa di Tortona, alla macinatura a pietra, alla panificazione con il metodo della lievitazione a pasta acida, che richiede tempi di lavorazione molto più lunghi del consueto, alla cottura in forno a legna. Un pane così, ci costa 4,20 euro al kg, quando il pane più comune ne costa 3, ma i formati speciali (dove cambia solo la forma e non la sostanza) si vendono a 3,60- 3,80 euro al kg: pensiamo che il guadagno in gusto, salute e cura per l'ambiente, valga ben oltre la differenza di prezzo.

Questi pochi esempi permettono di trarre almeno due conclusioni. La prima è che viene così sfatata la convinzione che acquistare prodotti biologici o di qualità sia una scelta da ricchi: se si acquista vicino e direttamente dai produttori, si difende il portafoglio proteggendo l'ambiente. E non siamo più solo noi a dirlo: ancora sulla "Stampa" del 17 febbraio, a proposito di ristoranti a Km Zero, che usano solo prodotti locali, si titola "Difendere a tavola stipendi e ambiente"; sul "Sole 24 ore" del 28 gennaio, all'interno di un paginone dedicato ai Gruppi di Acquisto Solidale, si legge "i G.A.S….riescono a spuntare prezzi più vantaggiosi e contribuiscono a ridurre le emissioni inquinanti".

Ricordiamo che una produzione attenta all'ambiente permette anche di evitare tutta una serie di costi aggiuntivi che finiscono comunque per pesare sui consumatori: i costi ambientali dell'inquinamento di aria, terra e acqua, dell'erosione dei terreni, della produzione di rifiuti, dovuti all'agricoltura intensiva e al sistema attuale di trasformazione e distribuzione, sono pesantissimi e non vengono mai conteggiati sul prezzo dei prodotti.

I nostri produttori si fanno carico di queste problematiche con la cura del territorio, e dell'acqua in particolare, con la distribuzione a domicilio, che risparmia ai consumatori tanti inutili viaggi, con il risparmio e il riciclo degli imballaggi, che riduce la produzione di rifiuti. La seconda e ultima riflessione voglio dedicarla ai nostri aspiranti amministratori locali: smettiamola di sostenere e favorire la grande distribuzione che applica la sua politica del prezzo più basso non certo ai propri guadagni, ma ai prezzi imposti col ricatto ai produttori.

La grande distribuzione imponendo le sue condizioni, strangola i piccoli produttori e li costringe all'abbandono, mentre spinge i produttori più grandi e più "disinvolti" ad usare metodi di produzione intensivi "al minor costo possibile", che sono i più distruttivi per l'ambiente e per la salute dei consumatori. Non abbiamo più bisogno (se mai ne abbiamo avuto) di nuovi centri commerciali, ma di nuove forme di distribuzione capaci, come tutti ormai invocano, di accorciare la filiera.

In una realtà piccola come la nostra, si tratta di scelte possibili, in grado veramente di riqualificare e aprire nuove prospettive per il nostro territorio: sostenere la nascita di cooperative o associazioni di produttori, stimolare la formazione di gruppi d'acquisto, promuovere punti vendita diretta al pubblico, aumentare o creare ex novo spazi di vendita diretta nei mercati e nei supermercati, favorire la nascita di ristoranti e mense a Km Zero… Esperienze ne esistono già molte, altre si possono inventare; l'importante è comprendere che un nuovo modo di produrre e consumare è necessario, è possibile e, sorpresa, conviene! (tratto da un nostro articolo sulla stampa locale di inizio 2008)

Dicono di noi

Sulla "Gazzetta del Canavese" del 26 Agosto 2009 è stata pubblicata l'intervista ad un nostro socio.

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